Irlanda

Il caldo diventava sempre più opprimente, l’afa era all’ordine del giorno e il miraggio delle vacanze si vedeva sempre più da vicino. Mancavano pochi giorni e avrei passato un periodo di riposo in una tranquilla terra del nord Europa. Alle mie conoscenze e a dire dei miei amici non poteva essere altro che un indimenticabile periodo nella verde Irlanda: paesaggi incontaminati, un lussureggiante verde ovunque e immensi prati dove pecore e mucche avrebbero punteggiato il tutto. E cosi fu: nessuno aveva esagerato. Le loro impressioni si sono ripetute quando io da spettatore sono finito sul palco quale attore.

La data di partenza era prossima: raccolti gli ultimi indirizzi a cui spedire cartoline nel mio piccolo notes, ripassato le informazioni principali rileggendo la mia guida e riordinato il mio diario di viaggio in attesa di scrivere le mie nuove emozioni.

Si parte. Viaggio di poco meno di 3 ore, passato a far 2 chiacchiere con un ragazzo irlandese, avrà avuto 20 anni al massimo, su Dublino e sui luoghi dove “loro” si incontrano la sera, e mangiare un leggero piatto servito da altrettanta “leggera” hostess. Intendo dire “leggera” nei suoi movimenti.

Arrivati, si arrivati, perché Domenico e Riccardo, miei amici, mi seguivano in questa emozionante esperienza. La prima impressione, appena sbarcati, fu di essere al Polo Nord: un vento freddo, tagliente e una temperatura esterna che non avrà superato i 18 °C. Ero finito al Polo Nord o la temperatura lasciata in Italia era veramente invivibile come a me appariva? Oppure, come in un flashback, ero ritornato nel periodo in cui i romani confusero l’Irlanda con l’Islanda chiamandola poi, in latino, Hibernia (Terra dell’Inverno)?.

Ci sistemiamo in albergo, appena fuori Dublino, ed iniziamo il periodo di vacanze con una buona pinta di birra, Guinness naturalmente. Niente a che vedere con la stessa birra servita in Italia: forse sarà che lo stabilimento di produzione dista soltanto qualche miglio dal centro di Dublino!

Ed è bevendo alla salute di Arthur Guinness che il mio viaggio ha inizio e che toccherà le contee di Dublino, Kildare, Offaly, Galway, Connemara, Clare, Kerry, Tipperary, Limerick e Kilkenny nonché le città di Galway, Tralee, Limerick, Kilkenny e naturalmente Dublino.

Le mie impressioni dopo il ritorno sono tante ma credo che elencarle possano sembrare solo dati, informazioni che oggi si ricordano e domani sono già passato, momenti vissuti che ognuno di noi interpreta e racconta a modo suo. Ecco perché cito le “grandi” differenze, quelle differenze che ognuno di noi si porta dietro e il tempo non logora.

L’Irlanda ha subito nell’ultimo decennio grandi rinnovamenti: l’urbanizzazione, l’immigrazione dall’Europa orientale attirata dalle nuove opportunità economiche, un veloce sviluppo per una nuova identità irlandese, il processo di pacificazione che si spera sia entrato definitivamente nella sua fase finale. Ma l’Irlanda non ha mutato le sue bellezze naturali e le sue tradizioni. I turisti che hanno visitato il Paese e chi lo visiteranno in futuro non potranno negare l’esistenza dei pascoli verdeggianti, dei villaggi sparsi nella montagna, dei laghetti colore dell’ardesia, delle imponenti scogliere a picco sull’oceano, delle isolate spiagge bianche e sabbiose.

Non posso negare di aver visto tutto ma non posso dimenticare anche la simpatia degli irlandesi, quella stessa che è nota in tutto il mondo. Un popolo estroverso, orgoglioso di essere un membro dell’Unione Europea e disponibile ad aiutare chiunque o, ancor più semplicemente, trascorrere un po’ di tempo facendo 2 chiacchiere in un pub in compagnia.

E così è nata una piacevole chiacchierata con Lim e moglie, australiani, appena giunti nel Paese, in un pub di Tralee, parlando delle rispettive esperienze di vita, sorseggiando una birra e ascoltando un cantante che con la sua chitarra e birra al seguito movimentava la serata.

Ogni contea ha le sue caratteristiche, i suoi paesaggi, le sue città, la sua gente.

La prima contea che ho visitato è stata la Contea di Kildare, dove l’allegria, le bandiere del Westmeath, il flusso di macchine dirette a Dublino per la partita decisiva di rugby gaelico contro il Dublino rendevano il mio viaggio sempre più emozionante.

Poco distante la Contea di Offaly dove ho visitato una delle più importanti città monastiche del Paese, Clonmacnoise. E’ qui che ho visto per la prima volta le croci celtiche, quelle vere, originali, in pietra. Grandi, in ottima conservazione, di color grigio ardesia ma anche beige, alcune con sfumature verdi causa dei licheni che sopra sono attecchiti. Il tutto in un verdissimo prato, collinoso, su più livelli e dove il fiume Shannon faceva da sfondo. E’ qui che ho trovato la “Croce delle Scritture”, realizzata in arenaria con ricche decorazioni e dalla caratteristica unica dei bracci rivolti verso l’alto. Una croce dell’800 circa, conservata nel vicino museo come lo sono anche la Croce Sud e la Croce Nord.

Ma Clonmacnoise era solo l’inizio. Poco dopo sono arrivate le città di Galway e Clifden. Galway, povera di monumenti ma ricca di divertimenti, atmosfera ed eleganza. Il periodo di visita, luglio, è il mese del Galway Race Month: nelle vie del centro ogni sera si esibiscono suonatori, giocolieri, mangiatori di fuoco, gruppi di ragazzi che ballano e danzano a ritmo serrato. E’ stata una bella esperienza passeggiare fra la gente e fermarsi con gli amici a bere una birra nei pubs che sulle strade centrali guardano. Il locale tipico è quello dove scorrono fiumi di Guinness, si ascolta musica celtica e tradizionale, e dove chiunque si riversa semplicemente per farsi una pinta in compagnia.

A nord di Galway inizia il Connemara, una grande regione dove si parla l’Irlandese, il Gaelico, mosaico di paludi, muretti a secco, sterpaglia, mucche disordinate all’orizzonte e cottage dalle piccole finestre e tetti ricoperti da canne. Paesaggi incontaminati e desolati, ricchi di torbiere, vallate solitarie, montagne color cenere e laghetti profondi dove il sole, quando presente, si riflette. In questa regione il vento è un elemento costante, quotidiano, come il cielo cupo. Una regione molto bella dove si possono incontrare i “Travellers”, comunità di irlandesi che hanno fatto del nomadismo il loro stile di vita. A nord ho visitato la città dalle case colorate di Clifden e la Kylemore Abbey nel Conemara National Park.

Scendendo a sud e seguendo il litorale sull’oceano ci si imbatte in una paesaggio “lunare”. Sono arrivato nel “Burren”, quella zona carsica che alcuni miei amici mi avevano descritto pochi mesi fa come unica nel suo genere. Fiore all’occhiello della Contea di Clare: sembra proprio un paesaggio fuori dal tempo nostro! Ovunque mi giravo il mio sguardo si perdeva a guardare quelle rocce piatte, lucide dalla rugiada mattutina, a scovare quei piccoli fiori colorati che spuntavano qua e la tra le fessure riparate ma anche ad osservare il grande Dolmen, il Poulnabrone Dolmen, che sovrastava il tutto. Il grigio delle rocce e le molteplici tonalità di colore dato dalle piccole piantine davano un tono di vita e conferivano a questa zona un ulteriore fascino ad un occhio di pittore: pennellate di colori vivaci in mezzo a così tanta arida bellezza!

E lasciando questa affascinante regione arrivo nelle tanto desiderate quanto sognate Cliffs of Moher: le famosissime scogliere dell’Irlanda. Meravigliose, fantastiche, uniche: un punto fermo dove osservare da oltre 200 metri d’altezza l’infinito oceano, le sue onde che si infrangono ai piedi delle stesse e il paesaggio che alle mie spalle degrada nell’entroterra. L’aria carica di minuscole goccioline, dal sapore di mare, il fragore delle onde e la calma apparente che mi circondava mi facevano sognare, pensare, notare. Dall’alto notavo i gabbiani, colonie di bianchi gabbiani aggrappati alle pareti che all’arrivo di ogni onda “fuggivano” al riparo, volteggiando sulle stesse onde. Emozionante pensare che ad ogni onda che si infrange una moltitudine di famiglie di gabbiani scappa dalle loro “case” per poi ritornarci un attimo più tardi. Volevo stare lì tanto tempo, quel tempo che sembrava essersi fermato per farsi ammirare. Ed ammirare quel folto pubblico, dagli svariati colori, dalle molteplici etnie. Ero felice: la natura era riuscita ad unire i popoli di 5 continenti in un unico punto, quasi a dare uno schiaffo morale a noi tutti e per farci capire che nel nostro mondo possiamo vivere tutti insieme, un modo per farci riflettere sull’attuale situazione mondiale.

Tralee, Contea del Kerry, mi si presenta in un tardo pomeriggio come una anonima quanto semplice cittadina di provincia. E’ qui che potevo ammirare, quasi ovunque, giardini e parchi dove le rose prevalevano. Tralee, ogni anno in agosto, si fa bella in occasione del famoso concorso di bellezza “Rose of Tralee”, ispirandosi all’omonima canzone che un poeta locale scrisse in onore della sua amata nel 18° secolo. Rose rosse, gialle, arancione, dalle infinite tonalità pastello mi invogliavano a fotografarle e nello stesso tempo a “ripassarmi” mentalmente la canzone che la nostra guida, Chiron, mi aveva cantato durante il tragitto. Ma il Kerry mi riservava altro ancora: avevo la possibilità di incontrare i folletti, qui chiamati "Leprechiau", che della Penisola di Iveragn hanno fatto la loro terra. Penisola con montagne imponenti, coste aspre e frastagliate e isole avvolte nella nebbia, quasi a simboleggiare il romanticismo che gli elfi vogliono darci. Un susseguirsi di viste mozzafiato sulla baia di Dingle, sulle innumerevoli isole, di incursioni in boschi di molteplici piante e dai molteplici laghetti pittoreschi. Qui i folletti vivono e qui aspettano i visitatori curiosi di essere visti: anche un segnale stradale, unico al mondo, indica la loro presenza e di procedere con cautela. Ma gli Irlandesi sono un popolo sognatore, a loro piace ridere e scherzare, vivere ogni giorno nella bambagia della serenità. Col sole che dava un tono di vivacità osservavo il lento andirivieni dei Jaunting Car, calessi trainati da cavalli irlandesi, nell’immenso parco a fianco dell’imponente Muckross House, casa donata allo Stato da un nobile nel 1932. Il loro lento trottare sembrava scandire il passato e non il futuro.

E la Penisola di Dingle? Luoghi straordinari grazie soprattutto alle sue selvagge montagne e alle Isole Blasket che fronteggiano la punta occidentale della penisola. Non potrei tralasciare una terra dove i pascoli degradano verso il mare a sud e finiscono a strapiombo a nord. Il tutto con un infinito numero di pecore che pascolano ovunque: in riva al mare, a picco sull’oceano e nei luoghi più sperduti e difficoltosi da raggiungere. Il calore della gente, dei pescatori della città multicolore di Dingle e il variopinto mondo dei fiori che qui ha il sopravvento rendevano la permanenza quasi fiabesca. E con malinconia lasciai quel piccolo paradiso terrestre e marino salutando dalla riva acciottolata della baia di Dingle l’Oceano, quel fresco mare che sotto i raggi del sole brillava. Si era forse fatto bello per invitarmi a ritornare in quei luoghi un vicino domani?

Ma le emozioni non erano finite: la giornata era lunga come lo era l’attesa di vedere Aidan, un mio corrispondente della Contea di Limerick che in serata avrei incontrato. Giorno promettente con un bellissimo sole alto nel cielo, una leggera brezza e un cielo azzurro, quell’azzurro che solo dopo un acquazzone riusciamo a vedere. Adare era la meta pomeridiana. Nel traffico di una rumorosa arteria stradale mi appaiono una lunga fila di cottage molto caratteristici. I tetti in paglia, i colori sgargianti di porte e finestrelle, dei fiori e delle rose facevano il contorno. Era come essere di fronte ad una surreale mostra sul patrimonio culturale irlandese e contornato da diverse rovine, pittoresche e caratteristiche nello stesso tempo. Il parco fu una buona alternativa a sfuggire alla fiumana di persone che passeggiavano nonché l’occasione per Domenico e Riccardo di sfidarsi con 2-3 ragazzini del posto ad una partita di calcio. Il risultato fu un pareggio.

E dopo una rilassante passeggiata fra piante e fiori in uno dei tanti parchi che la città offriva finalmente arrivo in serata a Limerick, quel paesone dai mattoni rossi, dalle grandi strade dove negozietti e piccoli centri commerciali si alternano a vecchi edifici georgiani e interessanti musei e gallerie d’arte. Limerick, nome di città e della stessa contea. Ero finito nel cuore della cultura irlandese dove affascinanti siti storici, tante belle cittadine e villaggi, paesaggi di dolci colline mi erano offerti in alternativa ai cupi paesaggi che avevo visto nei giorni passati. Nell’attesa dell’incontro con Aidan ripensavo al modo in cui nel XVIII secolo famosi poeti di origine gaelica “duellavano” a colpi di limerick satirici. Aidan ed io ci incontrammo nella hall dell’hotel. Emozionante incontrarlo di persona dopo lettere ed e-mail: avevo la possibilità di udirlo, scambiarci una stretta di mano, raccontarci ed ascoltarci. Il tempo passò in un lampo; avevamo conversato come conversano vecchi amici, c'eravamo scambiati emozioni e ragali, nonchè la promessa di rivederci. Il tempo era letteralmente volato. Non così l'intenso momento dei saluti espressi con grandi strette di mano a testimonianza della reciproca cordialità. La pioggia che cadeva ininterrottamente sembrava partecipare al nostro arrivederci.

L’Irlanda è conosciuta anche per le abbondanti piogge, sempre frequenti e così improvvise. La pioggia mi accompagnò da Limerick fino alle rovine della Rocca di Cashel, verde collina dove si ergono i resti di una importante fortezza. Per un attimo mi sentivo un componente del clan degli Eoghanachta, primi conquistatori della rocca, imponente, maestosa, ricca di rovine. Girovagando fra le croci celtiche del vicino cimitero mi immaginavo su un immenso verde palco: con lo sguardo potevo ammirare quelle terre tanto desiderate dai contadini della Contea di Tipperary, ambite terre fertili irlandesi, distese ordinate e ben curate di coltivazioni agricole. La foschia che la pioggia battente aveva lasciato rendeva il tutto suggestivo, quasi irreale.

Ma stavo anche osservando la vicina Contea agricola di Kilkenny, luoghi meravigliosi, con strade panoramiche, allevamenti ovunque di cavalli; contea che avrei visitato di li a poco. Una visita al Castello di Kilkenny e una passeggiata nei vicoli stretti del centro mi avevano incantato: sono forse finito in una città normanna dove vicoli lastricati mi conducevano a misteriosi ambienti fuori dal tempo?

E come ogni cosa ha la sua fine, anche il mio viaggio stava concludendosi. Ritorno a Dublino dopo una settimana carico di emozioni, scene e paesaggi impressi nella mente ma la voglia di vedere altro ancora mi aveva lasciato un piccolo posticino dove archiviare altre impressioni. Dublino, una città giovane, affascinante, impossibile non apprezzare l’energia, l’umorismo e la pacatezza dei suoi abitanti. Ricca di monumenti, musei e ponti, quei ponti che attraversano il fiume Liffey quasi con armonia, uno diverso dall’altro e che la notte li rende unici archi colorati che uniscono la città da nord a sud. O’Connell, Millennium, James Joyce, Ha’ Penny, Grattan si succedono uno dietro l'altro con i loro nomi evocativi.

La Cattedrale di San Patrizio, Trinity College, le sgargianti porte colorate in Fitzwilliam street, i lussuosi negozi su Grafton street erano le prime mete. La notte arrivò portandosi dietro quell’atmosfera di un tempo passato, luci soffuse o proiettate su monumenti, palazzi illuminati a giorno e soprattutto tanta gente, bella e giovane, carica di voglia di vivere e di divertirsi, di incontrarsi in una piccola piazzetta, Temple Bar, che traboccava ovunque. Pubs, cinema, discoteche, clubs diventano mete ricercate dove trascorrere il tempo in tranquillità, in compagnia, aspettando il nuovo giorno.

Ma la notte volò e con essa mi apprestavo a vivere gli ultimi momenti di vacanza. Lascio quella terra con malinconia, una terra che mi ha fatto pensare tanto, mi ha fatto vedere tanti lati positivi di una isola che ingenuamente chiamavo “un verde Paese del nord”. Il verde, le colline, le montagne, la gente, i divertimenti erano le fonti delle miei emozioni, solo loro erano riuscite a darmi l’idea di dove ero finito. L’Irlanda, una terra unica nel suo genere, un paradiso dove trascorrere il proprio tempo quando si vuol staccare la spina dalla frenetica routine giornaliera. Un ricordo che spero rimanga tale per tanto tempo.

E così termino questo mio affascinante viaggio sperando che altri possano, un domani, dire: aveva ragione nel raccontare l’Irlanda!