Tokyo


Metà Autunno

 

Ed ora eccomi qui dato che ho un po’ di tempo libero dal lavoro e dai miei hobbies e che il Natale è passato. Spero che troverai interessante leggere i dettagli della mia esperienza. Ho pensato che sarebbe stato meglio documentare il tutto con foto, alcune delle quali scattate da Jin, il mio corrispondente che abita a Tokyo. Ho dovuto aspettare che le inviasse per poter scrivere questa lettera. Debbo infatti ringraziarlo di cuore per avermi accompagnato per la città e per avermi mostrato i vari aspetti di quella metropoli, nella sua vita quotidiana. Anche la sua amica Yuka, che era con lui, ha contribuito ad illustrarmi come procede la vita a Tokyo. 

Inoltre debbo parte dei miei ricordi ai signori Takakuni e Yasuko Yoshieda, poiché è stato proprio passeggiando con loro che ho potuto visitare il Tempio Nedujinja, che di trova in un quartiere nord della città e che era la prima volta che anche loro si spingevano fin là. Cosicché il luogo è stata una sorpresa per tutti noi! Ci siamo trovati bene assieme e la loro gentilezza mi ha particolarmente colpito. Questo mi fa sperare che potremo continuare a sentirci scrivendoci nel futuro.

In una mia precedente e-mail ti ho detto che ti avrei messo al corrente della mia esperienza in Giappone, ben sapendo, però, che è quasi impossibile trasferire in parole le emozioni che si provano. Penso che tu sia sicuro come mai abbia avuto l’occasione di andare in Giappone. Sai che mi piace viaggiare e che approfitto delle occasioni quando capitano. La mia agente di viaggi sa bene che il mio sogno è di vivere con la valigia in mano e lo zaino in spalla, perciò ho subito accettato l’offerta di un viaggetto in Giappone e a prezzi scontati. L’unica cosa da osservare è che la prenotazione va fatta alcune settimane prima e che i posti disponibili sono estremamente limitati. Io sono stato estremamente fortunato ad arrivare in tempo per prenotarne uno. C’è un detto che recita: “Prendi il treno quando passa. Non sai se passerà di nuovo”.

Avrei voluto che una mia amica venisse con me, ma in quel momento non poteva lasciare il lavoro per le ferie. E’ stato un vero peccato, così sono partito solo. Il viaggio è durato 13 ore e sono atterrato all’aereoporto internazionale Marita. Tokyo mi era davanti a me: una immensa sconfinata metropoli! La prima cosa che mi ha colpito è stata l’estrema pulizia ovunque, nonché la grande gentilezza di tutti quelli che ho incontrato, dai baristi ai bigliettai nella metropolitana, dai poliziotti di quartiere ai tassisti. Queste mie impressioni si confondevano nel frenetico andirivieni intorno a me. Nella metropolitana ho sempre trovato tantissima gente anche nelle tarde ore della notte. In mezzo alla folla l’assordante suono degli annunci pubblicitari sembrano dare uno strano “benvenuto” ad ogni stazione dove si scende. Lo stesso rumore con toni strani, però sembrano accompagnare il viaggiatore alle scale mobili. Qui ci si trova avvolti nella sommessa voce degli annunci pubblicitari che quasi ti cullano l’orecchio. Poi di nuovo rumori, e rumori provenienti dai negozi, lampeggiatori e distributori automatici.

Tokyo, una città di contrasti: ho incontrato una elegante signora in kimono che mordicchiava un Hamburger ed un monaco buddista che chiedeva la carità in una strada dell’elegante quartire di Ginza con al polso un orologio alla moda.

I portoghesi furono i primi Europei ad arrivare in Giappone nel 1500 e trovarono un porticciolo di pescatori chiamato Edo. Sono passati 500 anni: il porticciolo è diventato una città con oltre 12 milioni di abitanti. I giapponesi amano la natura. I turisti appena atterrati se ne accorgono subito: l’aereoporto internazionale è costellato di macchie verdi e giardini favolosi, tutti ben tenuti e progettai con la massima cura e gran senso artistico; hanno l’aspetto di gemme incastonate tra i grandi magazzini e i negozi alla moda tutti splendenti di luci multicolori. Ad un occhio distratto possono sembrare angioletti incolti, ma se ci si avvicina ci si rende conto che nel complesso seguono uno schema ben preciso. Anche il più piccolo ornamento ha il suo proprio posto: non si potrebbe spostare neppure un sassolino di ghiaino senza alterare il complesso. Anche i templi ed i tempietti sono tenuti con la massima cura ed hanno un aspetto gradevole.

Subito dopo essere uscito dall’aereoporto mi sono inoltrato nei vicoli di Bunkyo-Ku, un quartiere (Ku) a nord di Tokyo, dato che desideravo vedere uno dei cimiteri più antichi della vecchia Edo, il Cimitero Yanaka. Poi ho proseguito per il Tempio di Nedujinja che si trova nei pressi. Ho fatto anche una visita al Museo dei Samurai ed al Museo Memorial di Tachiara Michizo, che sono tra i più belli del luogo. I Signori Yoshieda mi hanno aiutato a districarmi tra le vie del Quartiere. E’ stata proprio una grossa impresa! Il centro, le piazze, le vie, le strade, i violetti non hanno un nome e non sono neppure indicati da un numero. Quel che importa è sapere il nome del quartiere in cui ci si trova. Quelli che si trovano nel centro sono nove. Eccone alcuni. Chiyoda-Ku: è la sede del Palazzo Imperiale con tutti i suoi parchi. Distrutto nel 1944 durante la guerra, fu ricostruito negli anni sessanta in cemento armato. Non molto lontano dal Palazzo c’è il Parlamento (1918-1936) che è il cuore della vita politica del Giappone. Chuo-Ku è un’altro quartiere, si trova non lontano dalla Borsa, il centro finanziario, Ginza è un quartiere famoso per la vita elegante; infatti tutti i negozi alla moda sono l’anima dello shopping. Ci si trova in una dimensione futura appena si entra nel quartiere di Minato-Ku poiché la Torre del centro fieristico mondiale di Tokyo che raggiunge i 333 metri di altezza. Ci sono anche chiese e templi tutti circondati da splendidi parchi lussureggianti. Dopo tutto questo girovagare ho preso la metropolitana scendendo alle stazioni dove sapevo che ci sarebbero stati dei templi nella zona, onde visitarli. Tra i tanti, quello che più mi ha colpito è stato quello di Senso-Ji ad Asakusa, che è uno dei più grandi. Nell’interno è venerata l’immagine dorata della Dea Kannon, perciò mi sono trovato in mezzo ad una marea di fedeli in adorazione. Essendo domenica, ed essendo la folla numerosissima, non tutte le persone potevano trovare posto nel tempio, acciocché molte persone erano all’esterno a guardare suonatori e danzatrici che si esibivano non solo lì, ma anche in tante piazzette e stradine vicine. Di fronte al grande tempio c’è una fontana che serve per la purificazione dei fedeli e nei pressi c’è una specie di tempietto con dentro un fuoco che arde. La scena nel suo complesso devozionale resterà per sempre nei miei ricordi, ne sono sicuro. Tanto più che ero avvolto in una nuvola di fumo che si elevava dagli innumerevoli bastoncini votivi, tutti emananti un acuto profumo di incenso mentre lentamente bruciavano quale terza fase del rito di purificazione. Dentro il tempio era tutto un mormorio sommesso di preghiere. Per un momento l’atmosfera suggestiva mi ha fatto sentire uno dei credenti e mi ha rapito.

Non lontano dal Tempio c’è un grande parco, l’Ueno Park, il luogo dove la gente va nel fine settimana. Anche quella domenica c’erano tante persone, nonostante il giorno non fosse bello e non ci fosse il sole. A breve distanza ecco una sorpresa: la statua di un samurai che sembra portare a passeggio il suo cane. Incuriosito dallo strano gruppo ho immediatamente consultato la mia guida tascabile e ho trovato la spiegazione. Mi ha quasi commosso il leggerla, poiché significa che un Samurai non è solo un guerriero, ma anche un uomo con una vita domestica, quando le sue imprese sono terminate.

Il Tempio di Meiji-Jingu è stata la mia meta dopo la visita al gruppo statuario. Ci si arriva percorrendo un lungo violone adorno di lampade multicolori su entrambi i lati alla fine del quale c’è un arco molto imponente. Ero avvolto in un silenzio che mi sembrò innaturale pensando alla grande città brulicante di persone e di automezzi tutt’intorno. Queste mie due sensazioni sono state interrotte da qualcosa di inaspettato: proprio in quel momento, li dove mi trovavo, si stava celebrando un matrimonio in vero stile giapponese. Non dimenticherò mai la visione delle amiche della sposa tutte vestite con il kimono tradizionale e la fascia attorno alla vita, mentre gli uomini, tutti in frack erano seduti nel centro del tempio. Uomini e donne avevano un aspetto molto elegante e davano un aspetto di raffinatezza a tutto l’insieme.

Avrei voluto poi visitare il Palazzo Imperiale, ma quello era un giorno particolare, ed era chiuso come lo sono gli edifici nei giorni delle feste nazionali. Era “Il Giorno del Riso”. Sarei entrato a visitare la dimora dell’Imperatore molto volentieri, tanti più che la giornata non era chiara e si sa quanto sia importante una giornata di sole in un paese in Oriente. In quel momento mi sono detto che dovrò ritornare un giorno per completare la visione in una giusta luce.

Oltre ai templi, ai palazzi, alle statue, il viaggio mi ha permesso di incontrare Jin, un mio corrispondente. Ci eravamo dati appuntamento nella hall del mio albergo ad una certa ora della domenica ed ero piuttosto ansioso poiché non lo avevo mai incontrato prima; ero inoltre un poco incerto di come avrei iniziato la conversazione. Mi è veramente difficile descrivere quali e quanti pensieri mi si agitavano in testa rincorrendosi come in un vortice. Ogni giovane che entrava nella hall poteva essere Jin. Avevo una sua foto, naturalmente, ma poteva essere sufficiente a riconoscere una persona che non si conosce?

In mezzo a tanti pensieri discordanti ecco che sentii il mio nome gridato da una voce maschile seguito da “Sei tu Ivo?”. L’emozione era incontenibile dentro di me.

Era la prima volta che incontravo un mio corrispondente. Dopo una breve presentazione ed uno scambio di regali, il ghiaccio era rotto.

Siamo usciti dall’albergo, ci siamo recati alla stazione della metropolitana diretti al quartiere Shibuya. Tutto uno spettacolo umano era li davanti ai miei occhi: giovani che salivano, che scendevano in gruppi, cambio rapido di treni, fermate. Il tutto era un vocio allegro e vivace. Era sera quando siamo giunti a destinazione con tante foto scattate. L’atmosfera mi ha suggerito una domanda spontanea che ho chiesto a Jin e cioè se quella parte della città è frequentata solo da persone al di sotto dei trent’anni. Un sorriso ha illuminato il volto di Jin alla mia domanda forse un poco ingenua, poiché non è un quartiere riservato, ma è il punto d’incontro dei giovani. Effettivamente non lontano di lì c’è il quartiere di Roppongi dove Tokyo vive la notte. Una breve sosta al chiosco per comprare un pacchetto di buone palline di patate bollite condite con una salsa giapponese e alcune erbe: il tutto si chiama Takoyaky. E poi via a passeggiare per affollatissime stradine e violetti. Una pausa davanti ad un ristorante per una foto ricordo eccoci di nuovo in metropolitana diretti a quartiere di Shinjuku per uno sguardo d’insieme alle sue luci sfavillanti. Le 20. Era ora di lasciarci, poiché Jin inizia a lavorare a quell’ora in una grossa ditta di abbigliamento. Ci siamo salutati con l’impegno di rivederci il martedì, dato che il mio programma prevedeva una gita per l’indomani.

Sono ritornato a Roppongi in metropolitana per vedere bene la Torre di Tokyo somigliante in tutto e per tutto alla Tour Eiffel di Parigi, dalla quale si discosta solo per una altezza maggiore di 30 metri. Sono salito sulla terrazza all’ultimo piano per avere una panoramica di Tokyo di notte, vivacemente illuminata da infinite luci. Nonostante avessi programmato la mia giornata e che fossi consapevole che avrei visto qualcosa di inconsueto per me, non avrei mai immaginato che sarei stato sopraffatto da tanta emozione nel mio cuore e nel mio animo. Il buio della notte nasconde ogni cosa ma quando l’oscurità è costellata di milioni di lampade incandescenti si ha la sensazione che il mondo lotti per asserire la propria presenza e voglia sconfiggere le leggi della natura. Passato questo momento quasi magico ho ripreso il mio vagare per una buona oretta e mi sono trovato tra le luci fluorescenti di discoteche, night clubs tra il flusso continuo di gente.

Era mezzanotte. Il giorno dopo, seguendo il mio programma, mi sono alzato presto con meta il Monte Fuji, il più alto in Giappone. La cima innevata, la luce del sole che splendeva nel cielo terso, il vento fresco che soffiava tutt’intorno e che rendeva il paesaggio ancora più nitido erano elementi ideali per fare qualche foto che sarebbero sembrare cartoline illustrate o che avrebbero portato alla mente il problema dei pittori naturalistici come fotografi della natura o dei fotografi delle scene naturali come pittori naturalistici. Il problema infinito!

Con gli occhi sazi di questa veduta, sono andato al Lago Ashi, che mi è sembrato secondo a nessuno in quanto a bellezza a quanto si legge nelle guide. E’ uno dei più grandi del Giappone ed a me è sembrato una delle superfici azzurre che abbia mai visto. Di fronte c’è un vasto giardino botanico, veramente mozzafiato! Sono ritornato alla realtà quando una pioggerella insistente mi ha colto di sorpresa ed è poi continuata fino al mio imbarco per l’Italia. Il tempo sembrava veramente imprevedibile!. Al mio ritorno in albergo, un’altra sorpresa mi aspettava: nella hall dell’albergo c’era una coppia di Italiani. Immediatamente ci siamo riconosciuti pur senza conoscerci ed abbiamo deciso, come vecchi amici, di trascorrere la serata insieme avrei fatto loro da guida e sciamo andati insieme al quartiere dove ero stato la sera prima.

Il giorno seguente era il mio ultimo a Tokyo, così ho deciso di sfruttarlo al massimo. Mi sono alzato prestissimo per vedere la famosa alba in Oriente. Sono salito in tutta fretta alla terrazza all’ultimo piano e mi dono rivolto verso l’Oceano che era ancora tutto scuro. In cielo c’era un barlume di luce verso Est annunciato da vapori di luce in tutto il cielo. Ed ecco come ho dato il buongiorno all’alba nell’Est! Avevo sempre letto molto di questo famoso ed affascinante fenomeno naturale in Giappone, ma nessun racconto di viaggio riferiva che l’alba tingeva di rosa l’oceano leggermente increspato e scintillante in quell’ora. Ero rapito, seppur consapevole della realtà. Ricordo di aver detto tra me e me che non avrei dimenticato l’incanto di quella scena dai tanti colori. Spero che saprò trasferire sulla tela le emozioni di quel momento. Vorrei veramente esserne capace.

Alle sei era giorno pieno, era il momento giusto per andare a vedere il mercato del pesce a Tsukiji. E’ valsa la pena andarvi poiché è il più grande del mondo. Qui si svolge l’asta del pesce pescato la notte antecedente ed anche i turisti possono assistervi. Di fronte all’Oceano ci sono enormi capannoni dove si tiene il mercato e dove c’è ogni specie di fauna marina: mucchi di polipi, tonni giganti ben allineati e debitamente ben etichettati con il nome del compratore, nonché molluschi di tantissime specie. Bacinelle d’acqua con dentro pesci vivi, sacchi pieni di granchi in movimento continuo e nel contempo gli operai si passavano l’un l’altro, come catena umana, delle cassette di pesce velocemente e con grande attenzione. Non avevo mai visto tanto pesce in vita mia. Ogni mattina grossisti, rappresentanti, giovani uomini d’affari con cravatta e “ventiquattrore”, tutti interessati al mercato del pesce vanno a pregare in un tempietto non lontano dal mercato stesso e si uniscono alle persone in preghiera. Il tempietto si chiama Namiyoke-jinja. Non lontano si erge un altro tempio, il Tsukiji-Hongan-ji, che ha un aspetto tutto indiano, una visione surreale che sembra essere stato portato lì da una potente mano magica dell’India. Mi sono incuriosito ed ho iniziato a guardare tutto intorno alle pareti esterne per cercare qualche elemento esplicativo. Ho trovato una targhetta che dice che il tempio è di stile indiano per rendere omaggio alla terra natale del Buddismo.

Un’occhiata all’orologio: non mi ero reso conto che erano trascorse alcune ore da quando avevo iniziato a osservare tutto quel mondo così affascinante. Mi sono recato al quartiere di Shinjiuku passando per una grossa arteria elegante e suggestiva. Shinjiuku si trova all’alto capo della città, ma io dovevo e volevo andare, poiché è lì che mi sarei incontrato con Jin e la sua amica Yuka. Il tempo era pessimo, pioveva a più non posso. Ciò non ci ha impedito di andare in un centro commerciale e sederci in un tipico ristorante giapponese dove abbiamo pranzato. I camerieri hanno messo delicatamente delle salse davanti a noi in un piatto centrale al che mi sono sentito in grande imbarazzo rendendomi conto che stavo per immergermi in un rituale tanto diverso dal mio modo italiano di pranzare. Così ho dovuto chiedere ai miei amici come affrontare il “Tempura”, il pesce servito come piatto principale e come regolarmi e comportarmi con il “sakè”, una bevanda di cui conoscevo solo il nome e servito in una strana – per me – ma elegante teiera che mi rammentava i vecchi vasi etruschi che sono esposti nei musei italiani. A tavola abbiamo trascorso ore piacevoli parlando degli avvenimenti del giorno. Siccome pioveva ancora a catinelle abbiamo deciso di trascorrere il resto della giornata a guardare le vetrine e a giracchiare nel centro. Fantastico vedere le decorazioni di Natale adornare l’interno dei negozi!.

Il loro luccichio era sempre intenso come se volesse combattere contro l’oscurità della notte che si calava rapidamente. Anche le lampade delle strade sembravano prendere parte alla lotta, aggiungendo le loro luci fosforescenti per impedire alla notte di avanzare. Ma quando la luce del giorno è scomparsa, ci siamo resi conto che era ora di salutarci. L’atmosfera futuribile creata dalle accecanti luci al neon nella stazione della metropolitana dove ci siamo salutati, mi rammentava il film “Blade Runner” ed i suoi mega schermi al plasma. Foto d’addio, abbracci e baci d’addio. Reciproca promessa di incontrarci di nuovo, solo Iddio sa quando e dove. Addii sinceri, addii detti con il cuore più che con le parole.

Devo ringraziare Jin e Yuka per avermi dato la possibilità di vivere una intera giornata immerso nell’atmosfera di un Paese così diverso dal mio. E’ una esperienza indimenticabile.

Il volo di ritorno è stato calmo, il che mi è permesso buttar giù questi miei appunti per il mio diario di viaggio.

Mi rendo conto che tante emozioni e sensazioni hanno dilatato il tempo della permanenza. Ora mi sento intimamente più ricco e forse più comprensivo verso “l’Altro”.